Ardita opera di ingegneria civile, disegnata nel 1739 da Domenico Vandelli per il Duca Estense Francesco III , permise alla città di Modena di avere uno sbocco diretto sul Mar Tirreno, giungendo sino alla spiaggia della città di Massa.
Domenico Vandelli nato a Levizzano nel 1691 è stato uno scienziato matematico cartografo e accademico italiano coevo del nostro L.A. Muratori (1672) che gli fu maestro e con il quale cooperó spesso a livello letterario.
145 chilometri di strada che supera due alti valichi tra gli Appennini e le Alpi Apuane, arrivando oltre i 1600 metri di altezza, attraversando boschi, prati, calanchi e passi montani, attraverso piccoli paesi, campagne assediate dal cemento, foreste silenziose, valli inospitali e incontri illuminanti: ecco in poche e prob insufficienti parole la Via Vandelli, la più leggendaria delle strade del Ducato Estense, anzi, la madre di tutte le strade moderne.
La Via Vandelli è impressa nella memoria e nella fantasia di tutti coloro che abitano il territorio estense, dalla pianura modenese al Frignano, dalla Garfagnana alle Apuane, fino al mar Tirreno: è un’antica strada pronta a diventare un nuovo cammino.
Ce l’ha descritta, raccontata, quasi pennellata con l’entusiasmo “dell’innamorato” Giulio Ferrari, durante la nostra conviviale di giovedì 23 settembre alle Scuderie dell’Ippodromo di Modena.
Giulio Ferrari classe 1971 laureato in Fisica dei Materiali, sulla via Vandelli, a Montale, ci è nato e le ha dedicato un libro intitolato “La Via Vandelli, antica strada, nuovo cammino”, edito da Artestampa e una recente guida edita da Terre di Mezzo.
Particolarmente calzante e significativa l’introduzione del Presidente Aloisio alla serata con la lettura
di un brano di George Steiner di cui si riproduce un estratto…
“L’Europa è stata, e viene ancora, camminata. È un elemento fondamentale. La cartografia
d’Europa è il frutto delle possibilità del piede umano, degli orizzonti che ci può far percepire.
[…] In senso metaforico, ma anche nella realtà, quel paesaggio è stato modellato e
umanizzato da piedi e mani.“ — George Steiner – Una certa idea di Europa, pp. 31 e seg.
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